PET vs. rPET: non solo sostenibilità. Performance a confronto

PET o rPET? La scelta va oltre la sostenibilità. Analisi tecnica comparata su prestazioni meccaniche, estetiche, barriera e conformità normativa per packaging alimentare, cosmetico e farmaceutico.

Quante volte nell’ultimo anno avete letto la frase “100% plastica riciclata”? Probabilmente decine

La spinta verso l’economia circolare ha posizionato il PET riciclato (rPET) come l’alternativa sostenibile per eccellenza al PET vergine. Ma un responsabile R&D o un buyer strategico sa che la sostenibilità da sola non basta a qualificare un materiale. La vera domanda è: l’rPET è un sostituto funzionale del PET vergine in tutte le applicazioni? La risposta non è scontata. Questo articolo va oltre il marketing “green” per analizzare le differenze tecniche, normative e operative tra i due polimeri. Esamineremo le loro performance a confronto, le implicazioni per i processi produttivi e i criteri oggettivi per scegliere la soluzione giusta, senza compromettere la sicurezza e la qualità del prodotto finale. Capire queste differenze oggi non è più un’opzione, ma una necessità strategica per chiunque sviluppi o acquisti imballaggi primari.

Inquadramento tecnico e normativo: non tutto l’rPET è uguale

Il polietilene tereftalato (PET) è un polimero poliestere apprezzato per trasparenza, leggerezza e proprietà barriera. L’rPET deriva dal suo riciclo, prevalentemente meccanico: i rifiuti post-consumo (principalmente bottiglie) vengono raccolti, selezionati, macinati, lavati e fusi per creare nuovi granuli. Questo processo, per quanto efficiente, non è neutrale. Ogni ciclo termico può ridurre leggermente il peso molecolare del polimero, influenzandone la viscosità intrinseca (IV), un parametro chiave per le prestazioni meccaniche.

La vera discriminante, specialmente nel settore alimentare, è il quadro normativo. Il regolamento (UE) 2022/1616 ha fissato paletti molto rigidi per l’uso di plastica riciclata a contatto con alimenti. Solo l’rPET proveniente da processi di riciclo autorizzati dall’EFSA (European Food Safety Authority) e che garantiscono una decontaminazione efficace può essere utilizzato. Questo crea una distinzione fondamentale tra “rPET per contatto alimentare” e rPET per altri usi (es. industriale o detergenza), con implicazioni dirette su disponibilità e costi. Un contenitore cosmetico o un flacone per un detergente industriale non richiedono gli stessi standard di un vasetto per yogurt, e la scelta del granulo di rPET deve riflettere questa criticità.

Analisi approfondita: performance a confronto

Valutiamo le differenze pratiche tra PET vergine e un rPET di alta qualità per uso alimentare.

  • Proprietà meccaniche: il PET vergine offre una resistenza a trazione e una resilienza (resistenza all’urto) prevedibili e costanti. L’rPET, a causa della potenziale, seppur minima, degradazione della catena polimerica, può mostrare una lieve riduzione di questi valori. Per un flacone di shampoo questo potrebbe essere irrilevante, ma per una bottiglia per bevande gassate, dove la resistenza al “top load” e alla pressione interna è critica, la percentuale di rPET e la sua qualità diventano fattori determinanti.
  • Proprietà estetiche: qui le differenze sono più evidenti. Il PET vergine è noto per la sua eccezionale trasparenza e brillantezza. L’rPET tende ad avere una colorazione leggermente giallina o grigiastra (“yellow index”), dovuta all’accumulo di additivi e impurità dal ciclo di vita precedente. Sebbene le tecnologie di “super-cleaning” abbiano ridotto drasticamente questo difetto, per un profumo di lusso o una crema premium dove la neutralità cromatica è essenziale, l’uso di rPET al 100% potrebbe non essere un’opzione percorribile.
  • Proprietà barriera: le proprietà barriera a gas (O2, CO2) e vapore acqueo sono fondamentali per la conservazione degli alimenti. Studi di settore indicano che l’rPET di alta qualità mantiene proprietà barriera quasi identiche al PET vergine. Tuttavia, la presenza di micro-contaminanti o discontinuità nel materiale può in teoria creare punti deboli. È un fattore da validare con test di laboratorio specifici, specialmente per prodotti con una shelf-life lunga o sensibili all’ossidazione.

Caso pratico: un’azienda produttrice di succhi di frutta freschi valuta il passaggio da bottiglie in PET vergine a 100% rPET. Il loro prodotto è sensibile alla luce e all’ossigeno. I test dimostrano che la barriera all’O2 del rPET è adeguata, ma la minore brillantezza del materiale impatta la percezione del consumatore a scaffale. La soluzione adottata è un blend: 50% rPET e 50% PET vergine, ottenendo un compromesso accettabile tra obiettivi di sostenibilità e requisiti di marketing.

Implicazioni pratiche e considerazioni operative

La transizione a rPET non è un semplice “drop-in”. Richiede attenzione a tre livelli. Primo, la processabilità. L’rPET può avere un comportamento reologico leggermente diverso, richiedendo aggiustamenti fini dei parametri di stampaggio a iniezione o soffiaggio (temperature, pressioni, tempi ciclo) per evitare difetti come black spots (punti neri da materiale carbonizzato) o opacità.

Secondo, la supply chain. La qualità del granulo di rPET non è standardizzata come quella del vergine. Dipende criticamente dalla qualità del materiale in ingresso (il cosiddetto “post-consumer bale”) e dalla tecnologia del riciclatore. Affidarsi a fornitori certificati e con processi validati dall’EFSA è l’unica garanzia di conformità e costanza qualitativa. È qui che un partner tecnico come GLPS può fare la differenza, grazie a un network di produttori qualificati.

Terzo, i costi. Contrariamente a quanto si possa pensare, l’rPET food-grade non è sempre più economico del vergine. La domanda crescente, spinta da obiettivi di sostenibilità dei grandi brand e da futuri obblighi di legge, unita alla complessità della filiera di raccolta e selezione, può portare a un “green premium”. È un investimento strategico che va valutato non solo in termini di costo/kg, ma di valore complessivo (compliance normativa, posizionamento di brand).

Plastica riciclata

Tendenze future e raccomandazioni

Il futuro del packaging in PET è inevitabilmente legato al suo riciclo. Due tendenze sono emergenti. Da un lato, il miglioramento continuo del riciclo meccanico, con tecnologie di selezione ottica e decontaminazione sempre più sofisticate. Dall’altro, l’ascesa del riciclo chimico (depolimerizzazione), che permette di tornare ai monomeri di base del PET per ri-polimerizzare un materiale identico al vergine, superando i limiti di colore e degradazione meccanica. Sebbene ancora costoso e su scala ridotta, rappresenta la frontiera per un’economia veramente circolare “bottle-to-bottle”.

Per le aziende, la raccomandazione è di adottare un approccio pragmatico. Non esiste una risposta unica “PET vs. rPET”. La scelta dipende dall’applicazione specifica. Partite da un’analisi tecnica dei requisiti del vostro prodotto: meccanici, estetici, di barriera e normativi. Iniziate a testare blend con percentuali crescenti di rPET per capire l’impatto sui vostri processi. E, soprattutto, collaborate con partner che non vendono solo un materiale, ma offrono competenza tecnica per validare la soluzione più adatta.

Conclusione

Scegliere tra PET e rPET significa bilanciare sostenibilità, performance, estetica e costi. L’rPET non è una scorciatoia, ma un materiale tecnico con specifiche proprie, che richiede competenza per essere impiegato con successo. Ignorarne le peculiarità può portare a problemi di produzione, non conformità o un risultato estetico deludente. Un’analisi approfondita delle prestazioni è il primo passo per trasformare un obbligo normativo o un obiettivo di marketing in un vantaggio competitivo reale e duraturo. La domanda giusta non è “se” usare rPET, ma “come” e “quale” rPET usare per la propria specifica applicazione.

La scelta del materiale giusto è una decisione strategica. Se state valutando un progetto con PET riciclato e volete un’analisi tecnica approfondita per la vostra applicazione specifica, il nostro team è a disposizione. Compilate il form di contatto per discutere le vostre esigenze con un nostro specialista.

Fonti e bibliografia

Fonti normative e istituzionali
  1. Commissione Europea (2022). Regolamento (UE) 2022/1616 della Commissione, del 15 settembre 2022, relativo ai materiali e agli oggetti di materia plastica riciclata destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari e che abroga il regolamento (CE) n. 282/2008. Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, L 243/3. Accessibile tramite EUR-Lex.
  2. European Food Safety Authority (EFSA). Scientific Opinions on the safety assessment of processes to recycle post-consumer PET into food contact materials. L’EFSA pubblica e aggiorna costantemente i pareri scientifici sui singoli processi di riciclo, che costituiscono la base per l’autorizzazione all’impiego di rPET a contatto con alimenti. La banca dati è consultabile sul sito ufficiale dell’EFSA.

Riferimenti tecnici e di settore
  1. Packaging Europe. Rivista e portale online di riferimento per l’industria del packaging europea. Fornisce analisi tecniche, aggiornamenti normativi e trend di mercato sui materiali, inclusi PET e rPET.
  2. PlasticsToday. Pubblicazione leader nel settore delle materie plastiche che copre innovazioni tecnologiche, analisi di mercato e approfondimenti sulle proprietà e la processabilità dei polimeri, compresi quelli riciclati.
  3. Welle, F. (2011). Poly(ethylene terephthalate) recycling for food-contact applications: Testing, safety and technologies. A review. Food Additives & Contaminants: Part A, 28(6), 767-777. [Articolo di rassegna scientifica che, sebbene non recentissimo, fornisce le basi tecniche fondamentali sulla sicurezza del rPET per contatto alimentare].
  4. Smithers. The Future of Recycled Plastics to 2027 Report di analisi di mercato che fornisce dati quantitativi e qualitativi sulle tendenze globali, i costi e le tecnologie nel settore delle plastiche riciclate.